Per un’azienda che produce latte, crescere la rimonta è senza dubbio un’opportunità che, tuttavia, talora si trasforma in un costo oneroso. Per questo motivo la gestione delle vitelle e delle manze va pianificata in maniera strategica e poi accuratamente programmata. Definire il numero esatto di vitelle che servono alla singola azienda è il primo passo: un eccesso di rimonta rispetto alle esigenze comporta un sovraccarico di costi e un appesantimento delle strutture, con conseguenze che si ripercuotono negativamente anche sulla rimonta che sarà tenuta in stalla. Per definire il numero esatto di vitelle di cui si ha bisogno, si può utilizzare la nota formula: numero di vitelle annuo = numero di vacche in lattazione medio x tasso di rimonta x età al primo parto in mesi/24 x (1 + tasso di mortalità dei vitelli). Ad esempio: un’azienda che munge 200 capi con il 25% di rimonta, un’età al primo parto di 24 mesi e un non completion rate di 0,08 avrà bisogno di 200×0,25x1x1,08= 54 vitelle all’anno. La stessa azienda con il 30% di rimonta, un’età al primo parto di 26 mesi e un non completion rate di 0,10 avrà bisogno di 200×0,30x1x1,10= 66 vitelle all’anno. Definito dunque questo primo aspetto, è possibile procedere con la definizione dei protocolli operativi che consentano di centrare un obbiettivo non solo quantitativo (un tot di manze da rimonta) ma anche qualitativo, ovvero manze da rimonta ben sviluppate, con un apparato digerente sano e una mammella in grado di esprimere il potenziale genetico. Eccoli uno a uno, con particolare riferimento agli aspetti di pertinenza del tecnico alimentarista.
Alimentazione lattea
L’obbiettivo quantitativo si ottiene mediante 1– la corretta gestione della fertilità e 2– la corretta gestione della vitellaia nei periodi critici, il principale dei quali è il primo mese di vita, spesso funestato da forme enteriche anche gravi che possono provocare elevati tassi di mortalità. Si tratta di aree di pertinenza del medico veterinario aziendale. Qui ci preme sottolineare come, dal punto di vista alimentare, sia di capitale importanza la somministrazione di latte di qualità, alla giusta temperatura e secondo modalità rispettose della fisiologia della doccia ruminale (meglio dall’alto, dunque, e con tettarelle a foro piccolo). È interessante riportare come, secondo la nostra esperienza, capita spesso di riscontrare un errore nella ricostituzione del latte in polvere, tale per cui un latte “al 130” viene ricostituito, sbagliando, aggiungendo 1 litro di acqua a 130 grammi di polvere di latte. La ricostituzione corretta è la seguente: 130 grammi di polvere + 870 grammi di acqua, per un totale di un litro. È fortemente consigliato verificare a cadenza regolare la precisione dell’operatore, soprattutto al variare stagionale della quantità totale dei vitelli lattanti. Un latte ricostituito come sopra illustrato è più diluito: al vitello mancheranno nutrienti e inoltre, per quanto possa sembrare controintuitivo, è anche più difficile da digerire: questo perché gli enzimi che digeriscono il latte (caglio e rennina) sono tarati sulla composizione standard del latte bovino (12-13% di s.s. corrispondenti appunto ai 130 g/litro).
Sviluppo prestomaci
Un apparato digerente sano si ottiene accompagnando il vitello nella delicata transizione da monogastrico funzionale a poligastrico funzionale. L’alimentazione del vitello lattante condiziona in primo luogo lo sviluppo del rumine. Per poter procedere allo svezzamento è infatti fondamentale che questo organo sia sviluppato e funzionante.La somministrazione precoce di mangime (sano, appetibile e appositamente formulato) favorisce l’insediamento di popolazioni batteriche e l’instaurarsi quindi delle prime fermentazioni ruminali che portano alla produzione di Acidi Grassi Volatili (butirrato, propionato, acetato) e proteina microbica.
A tal fine il Team di assistenza tecnica del Consorzio Agrario di Cremona ha formulato il “Lattogeno Vitelli Grow”, mangime che tiene conto dei fabbisogni e della fisiologia del vitello. All’aumentare dell’assunzione di alimento secco si assisterà ad un aumento di crescita e replicazione di batteri nel rumine, di energia per il vitello e allo sviluppo dei prestomaci. Il processo viene massimizzato solo fornendo acqua fresca a volontà. La popolazione microbica che si instaura nel rumine è anche dipendente dal substrato fornito (mangime vs fieno) così come lo sviluppo in lunghezza delle papille ruminale le quali rappresentano l’unità assorbente degli AGV. Tradotto in pratica, significa: definire e rispettare una curva di allattamento; favorire l’assunzione precoce di mangime e non far mai mancare l’acqua d’inverno e d’estate. Il processo è graduale e si completa verso l’8° mese di vita. Fondamentale è il giusto compromesso tra programma di svezzamento previsto dalla natura e programma di svezzamento compatibile con le esigenze organizzative, strutturali ed economiche dell’allevamento intensivo.
Sviluppo del tessuto mammario
Ogni allevatore, grazie alla selezione genetica del suo allevamento, punta ad avere nei suoi animali una mammella pienamente in grado di esprimere il proprio potenziale genetico. La crescita del tessuto ghiandolare mammario non avviene in maniera costante nel corso della vita della manza: la fase iniziale della vita è di particolare importanza, poiché la crescita del tessuto mammario avviene proporzionalmente alla crescita del corpo. In altre parole significa che bisogna lavorare per massimizzare la crescita, definita come incremento ponderale giornaliero, dalla nascita allo svezzamento. La variabilità del dato è elevata, sia a livelli interaziendale (tra aziende diverse), sia a livello intraziendale (nella stessa azienda, al variare degli altri cofattori), comunque un buon IPG medio potrebbe essere di 750 gr.
Espressione del codice genetico
Un breve cenno va fatto anche all’epigenetica. Si immagini il codice genetico come uno spartito musicale e l’epigenetica come il direttore d’orchestra. Come diversi direttori d’orchestra ottengono sinfonie leggermente diverse, allo stesso modo l’epigenetica fa sì che a partire dal medesimo codice genetico si ottengano fenotipi leggermente diversi. Ciò è possibile poiché, attraverso un processo di metilazione e demetilazione, l’espressione di alcuni geni può essere modulata. La metilazione del DNA è trasmissibile per via ereditaria ma al contempo reversibile. A provocare la metilazione-demetilazione è una lunga serie di fattori di contesto, o di sistema, quali stress da caldo, tipo di alimentazione, benessere..
L’importanza di un’ottica interdisciplinare
In conclusione, il fatto di riuscire o meno a conseguire gli obbiettivi appena illustrati, dipende dal lavoro di diverse professionalità. È importante adottare un’ottica interdisciplinare. Così, se al tecnico del seme spetta la ridefinizione del piano di accoppiamento ove necessario, al veterinario aziendale spetta la gestione sanitaria e riproduttiva, al tecnico alimentarista spetta quella della razione alimentare. All’allevatore il ruolo più difficile, il controllo della gestione del processo nel suo insieme.